La credenza più diffusa sul Social Media Manager è che sia una figura un po’ fannullona, che ogni tanto a pagamento scrive dei post casuali e aggiorna senza troppi pensieri le pagine Social dei suoi clienti. Infatti, quando vengono richiesti i nostri servizi, ci sentiamo spesso dire questa frase: “Lo farei anche da solo, ma non ne ho il tempo…”
Certo, tutti possono imparare il mestiere del Social Media Manager, ma questo non significa che basti possedere uno smartphone e passare la maggior parte del tempo a giocare a Candy Crush. Tra i tanti campi che un professionista del settore deve conoscere a fondo c’è anche quello dell’analisi dei dati, senza i quali non potremmo impostare una buona strategia di comunicazione e capire quali sono i punti deboli del brand che stiamo rappresentando.
Ecco allora cinque errori da non fare quando apriamo la temuta schermata degli insights:
1. Considerare tutti i dati di uguale importanza. Spesso e volentieri i nostri clienti vogliono vedere i numeri crescere, e sta a noi spiegare loro che non sono (solo) i followers a fare la differenza, né i likes ai post. La nostra pagina può essere seguita da 10.000 persone, ma se le interazioni con i post sono a zero, è evidente che c’è qualcosa che non va. Sapere qual è il pubblico che si interessa ai vostri post (amici o sconosciuti?) e che tipologia di post riscuote più successo (link al prodotto o foto con citazione?) è molto più importante del numero in sé, anche se vi fa fare una figura meno “impressionante” con il cliente.
2. Considerare tutti i Social di uguale importanza. Non scherzo se dico che alcune volte ho visto “professionisti” vantarsi della somma dei followers di tutti i loro Social. Questo è sbagliato innanzitutto perché il pubblico che ci segue su Facebook è possibile che ci segua anche su Instagram, e quindi non possiamo considerare 2 ciò che in realtà è 1. Inoltre, prendere gli stessi dati a campione su tutti i Social è un lavoro pressoché inutile e fuorviante: se ad esempio vendiamo profumi, è probabile che avremo più riscontro su Instagram che su Twitter. Ora, la regola base ci dice di affidarci ai Social che possono portarci più risultati, ma capita che un brand sia presente come vetrina anche su portali meno efficaci. Analizzare i dati di un Social che sappiamo non essere particolarmente efficace allo stesso modo di uno che invece lo è significa non riconoscere gli insights più utili per la comunicazione, e quindi non saper fare una corretta analisi dei dati.
3. Considerare i dati Social senza i dati del sito web. Ormai quasi tutti i brand hanno un proprio sito web, ed è anche possibile che questo abbia un qualche tipo di collegamento con i Social (ad esempio, Pixel di Facebook). In ogni caso, soprattutto se abbiamo attivato sponsorizzate sui Social che rimandano al nostro sito, è importantissimo incrociare i dati per capire quante acquisizioni e quante conversioni siamo riusciti ad ottenere. Nel caso di siti e-commerce, poi, è fondamentale padroneggiare con sicurezza gli Analytics di Google: ecco perché gli strumenti che Google stesso mette a disposizione dei suoi utenti sono molto utili per chi è agli inizi ed è sempre bene, anche per chi invece ci lavora da anni, ricordarsi di investire del tempo per rimanere aggiornati sulle ultime novità.
4. Non dare il giusto tempo agli insights. Anche se il cliente vorrebbe tutto e subito, dobbiamo fargli capire che gli insights non hanno la stessa validità da un giorno all’altro. Certo, la costanza premia, ma fare analisi dati ogni settimana non porta a nulla. Per capire se la comunicazione sta funzionando serve tempo, perciò è bene fare analisi non troppo ravvicinate, anche in modo da poterle confrontare da un periodo all’altro. Importante è anche tenere a mente che tipo di brand stiamo rappresentando: se siamo i Social Media Managers di un’agenzia di viaggi, ad esempio, è evidente che avremo un picco di interesse in certi periodi dell’anno, mentre in altri ci sarà un po’ di stanca. Tutti questi fattori vanno tenuti da conto non solo per i dati Social, ma anche per l’invio di newsletter mirate, articoli del blog e tutto ciò che il brand propone “virtualmente” tramite la nostra comunicazione.
5. Non confrontarsi con i propri clienti. I dati non servono solo a noi per farci un’idea di come stiamo andando: è giusto che anche i nostri clienti lo sappiano, in modo da migliorare l’integrazione tra il mondo reale e quello virtuale, soprattutto se ci si riferisce a un brand con negozi fisici. Non possiamo pretendere che i nostri clienti mastichino i dati come un professionista: anche se ci sentiamo fieri di mostrare pagine e pagine di dati complicati, l’unica cosa che conta è riuscire a renderli comprensibili ai nostri clienti. Quindi, bene anche uno screenshot (so che molti storceranno il naso), purché racchiuda i dati che ci interessano e siano chiari al nostro cliente.
Il resto verrà un po’ da sé: a meno che non lavoriate ad altissimi livelli, i dati che avrete tra le mani non saranno impossibili da analizzare e piano piano diventeranno parte del vostro tran tran. Nel tempo, riuscire a isolare quelli importanti e a leggerli con scioltezza aumenterà il valore del vostro lavoro e contribuirà a quella costante opera di crescita che fa parte del diventare Social Media Managers professionisti.