Anche questo ottobre non potevo deludere il mio (inesistente) pubblico con un articolo rose e fiori. La “polemica del mese”, ormai quasi una rubrica, è stata semplicissima da scrivere, perché sempre di più mi pare di avere a che fare - nella vita privata e nel lavoro - con perfetti sconosciuti.
Il problema non è dato, come si potrebbe pensare, da cause banali: l’antipatia, la mancanza di budget, l’ignoranza… ma da un singolo elemento fondamentale, la comunicazione. O meglio, la mancanza di esso. Sulla comunicazione con i nostri amici e parenti, così come i nostri clienti, si basano una serie di assunti fondamentali sui quali costruire rapporti duraturi, ad esempio la fiducia.
Se ci pensiamo, tantissime volte alle radici di una discussione o di una brutta arrabbiatura non stanno le ragioni o i torti, ma la totale, completa e assoluta mancanza di comprensione da ambo le parti. Abbiamo idee diverse, sì, ma su cosa? Qual è la domanda che mi viene posta? Perché mi viene fatta una specifica richiesta?
Comunicare male è, secondo me, tra le problematiche più grandi del nostro lavoro. Ci lascia svuotati, scornati e soprattutto impotenti. A volte succede perché tra cliente e professionista non ci sono abbastanza comunicazioni, a volte invece perché le comunicazioni ci sono, ma sempre a senso unico (io ti ripeto le mie ragioni a pappagallo, tu mi ripeti le tue a cocorita).
Comunicare male, o passivamente, vuole dire in primo luogo non ascoltare e non saper leggere l’ambiente circostante; non riuscire a capire quando una persona ci sta venendo incontro e quando si sta sforzando troppo per nulla; valutare poco o niente il lavoro altrui; non considerare che ci sono sempre delle cause esterne che possono influenzare questa o quella decisione; e così via.
Purtroppo non c’è (o almeno io non l’ho mai visto) un metodo vero per comunicare bene. Conosco persone bravissime a mantenere i rapporti con gli altri, che purtroppo ne hanno sempre indietro picche; per contro, ci sono anche veri e propri “imbarazzi umani” che si portano a casa cont(r)atti ben più proficui, spesso e volentieri per fortuna. Ciò che distingue queste due tipologie, semplificando, è però sempre la stessa cosa: la comunicazione costante, ovvero saper ascoltare ciò che ci sta intorno, cercando di capire se una situazione è favorevole, al di là delle facciate di business e dei rapporti personali.
È comunque essenziale che questa connessione avvenga tra le due parti interessate e perciò il mio consiglio è uno solo. Non esistono clienti né professionisti perfetti, ma tenetevi stretti quelli che si sforzano di cercare una comunicazione attiva con voi, dimostrando che ci tengono al vostro lavoro e al risultato che raggiungerete insieme. Senza questa base, credetemi, tutto è destinato a fallire, né più né meno, anche se vi sforzate al massimo di tenerlo in piedi: è un no signal assicurato.